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Informazioni storiche dell'isola

 

I Turchi

"La battaglia con i Turchi del 18 novembre 1799"

"In Nomine Domine Amen.
Il dì 18 Novembre 1799 comparve in prossimità di quest'Isola dalla parte di Levante la mattina a buonissima ora n. 7 bastimenti grossi armati a quadro, cioè di grossissimi sciabecchi ed una fregata, questi andavano diretti per la punta del Fenaio, montato che ebbero questa punta, fecero orza mentre venivano con il vento di levante ed entravano nel Golfo del Campese, quivi cominciarono a tirare delle cannonate alla Torre, dopo aver per un buon pezzo cannoneggiato detta Torre del Campese, cominciarono detti bastimenti ed in capo la fregata a principiare lo sbarco che si contava 12 in 14 lance ed il primo sbarco fu fatto alla punta delle Secche dalla parete opposta della Torre. Vedute i Turchi che in detta Torre vi era poca forza o si vero meno coraggio, proseguirono lo sbarco ed andiedero a Sparaviere, luogo detto Le Chiappe in faccia alla Torre, veduto i medesimi che la Torre si era abbandonata, proseguirono sempre gli sbarchi e andiedero sopra la punta del Fondaccio ed in seguito nella Piaggia, che aver veduto il traffico, dette lance sbarcare nella Piaggia pareva un porto di commercio, li bastimenti accostavano alla Torre cannoneggiando sempre, mentre quella era affatto abbandonata, solo procuravano i soldati che non potessero entrare in detta Torre i Turchi. Uno dei sciabecchi si accostò tanto che venne sotto la Torre circa 50 braccia distante dagli scogli e sempre cannoneggiava la Torre, in terra cioè vi erano a centinare dei Turchi e facevano gli sforzi maggiori per potere entrare in Torre, ma fu tutto invano perché furono respinti da quella poca gente che stavano dentro rinchiusi che gli impedirono di potere entrare. Nel primo sbarco fatta alla punta delle Secche come si disse poc'anzi questi fecero un gran corpo e si diressero alla volta del paese con una quantità di circa sessanta bandiere di diversi colori; in questo frattempo i Gigliesi portarono un piccolo cannone sopra la casa matta benché il Comandante del Paese non era di sentimento di volerlo dare con dire che non erano i Turchi, ma bensì qualche potenza amica, anzi il detto comandante voleva mandare il Tenente Martini e il Sergente Pini Francesco Antonio fuori del Paese con uno stemma ossia bandiera bianca di colore, ma questi quase forzati da persone intelligenti non ci fossero andati che in caso diverso sarebbero andati stiavi, ma bensì fossero andati sopra la casa matta con detta bandiera, i Turchi erano arrivati in prossimità del Paese, vedendo i medesimi la bandiera bianca venivano con gran festa saltando credendo che il Paese fosse digià arreso.
Così depose un turco che restò nostro schiavo dopo la partenza dei detti bastimenti.
Il detto Tenente Martini invece fece caricare il cannone che i Gigliesi avevano portato in Fortezza, lo fece il detto tenente caricare a palla e mitraglia.
Successivamente il detto tenente non si sa per quale fine pensasse fece levare la lanterna di mitraglia da detto cannone e vi lasciò solo che la palla. Arrivati i Turchi sotto il fonte di Santa Croce in un sito che si scopre bene il Paese detto il Palmento dei Cecchetti, si fermarono si cominciò a chiamare col portavoce i Turchi, rispondevano ma noi non si capivano. I Gigliesi armati di coraggio cominciarono a far fuoco sui Turchi e nell'istesso tempo dando fuoco al cannone, la palla del medesimo diede in mezzo di loro, si addossarono i Turchi da una parte e dall 'altra nel sentir fischiare la palla e così si ruppe il campo.
Incominciarono a dividersi chi da una parte e chi dall'altra e così circondarono il paese, i Turchi intimoriti si nascondevano e facevano fuoco sotto le greppe vedendo che ne toccavano e così durò il fuoco fino alle ore 4 della sera con una mortalità grande di Turchi. Circa l'ora sedicesima la fregata incominciò a far dei segnali in segno di richiamar la gente, ai detti segnali della fregata incominciarono i Turchi a prendere la fuga alla volta del Campese e si ripiegarono tutti in detto loco, dove si vedeva una infinità di popolo turco e vi accesero dei fuochi intorno a questi magazzini e diedero fuoco a ciascun dei medesimi e ruppero tutte le botti piene di vino che ve ne erano una buona quantità di queste; si crede lo facessero i capi di quella gente perché non si briacassero come ancora depose un turco che restò stiavo e vi restò il medesimo perché era briaco.
In questo frattempo i Gigliesi andarono in Fortezza e presero un cannone grosso e lo portarono sopra detta casa matta caricandolo a mitraglia e incominciarono a tirare ai Turchi che erano nella spiaggia intorno ai magazzini. Veduto questo i Turchi cominciarono a scappar via e si imbarcarono subito con gran furia sopra le lance per andare a bordo ai loro bastimenti. Vi era ancora una piccola barchetta di un certo Giuseppe Magnani che se ne serviva per uso della pesca, con questa ancora viaggiavano a portare i Turchi a bordo ed infine questa barchetta la portarono via. Spolsero e saccheggiarono tutti i magazzini inclusive la Chiesa di San Rocco in detto loco portarono via pianete e tutto quello che era dentro. Veduto i Gigliesi che i Turchi erano di già imbarcati aprirono le porte e uscirono fori e ritirarono soli sette Turchi morti e uno li fu trovato delle monete d'oro e avevano ancora i buoni armamenti. Questi pochi morti che si ritrovarono furono quelli che erano troppo esposti in prossimità del Paese e che i Turchi non li potevano portar via, tutti l'altri poi se li portarono via, anzi uno nella strada in faccia alla porta del Camposanto ne prese uno morto e se lo messe sopra le spalle mentre lo portava via arrivò una fucilata dal Paese e l'ammazzò e l'assarono ambiadue in terra il morto e il vivo. Per le strade di quest'isola dalla parte del Campese non si vedeva altro che sangue. La mattina seguente al Campese fu ritrovato un Turco vivo che era restato come dissi poc'anzi briaco. Nel paese vi era poca gente e molto meno capace a maneggiare le armi, una porzione di gente non potiedero entrare per la paura, ossia timore di restare stiavi. Di nostri ne morì uno solo, un certo Giovanni Giuliano Pellegrini che morì sopra la Casamatta più di curiosità che di altra cosa.
Un certo Andrea Baffigi restò ferito al cannone in detto loco, mentre faceva il suo dovere per essere questo un bravo cannoniere. Dopo poco tempo giunse in questo loco un genovese di Muniglia che era ben conosciuto in questo loco, depose che si trovò in Tunisi quando arrivò delli bastimenti e vedeva di sbarcare gran gente tutti feriti, senza sapere dove erano stati offesi, ma facevano un gran silenzio.
Incominciò il medesimo a domandare benché di nascosto e gli fu assicurato che venivano dall'isola del Giglio e parimenti gli fu assicurato che fra i morti che avevano buttato in mare e di feriti disbarcati, furono in numero di circa 500, come poi in seguito, venne altre notizie più sicure da altre persone che si ritrovarono in Tunisi in quell 'epoca essere la verità di quello che aveva riferito il primo. Più sconfitta gli avrebbero dato i gigliesi se avessero creduto che i detti Turchi si fossero trattenuti solo quel giorno, ma temendo che vi potessero stare dei giorni intorno al paese in tale circostanza mancargli le munizioni da guerra, cioè palle e polvere, i capi che sopraintendevano a tale impresa, dissero che tirasse a colpo sicuro per non sprecare tanta munizione per la ragione suddetta prima però di mettersi in difesa, i suddetti Gigliesi, invocarono l'aiuto dell'Onnipotente e Sempiterno Iddio per mezzo dell'intercessione dei loro Santi e particolarmente del nostro glorioso protettore Santo Mamiliano. Cavarono tutte le reliquie che si trovavano in detta chiesa unitamente il braccio del protettore san Mamiliano e furono posti sopra l'altare in adorazione con una grande quantità di cera accesa, e tutte le donne e i vecchi ed altre persone, incapaci al combattimento stavano in chiesa per ottenere da Iddio la vittoria conforme per la Dio grazia e dei SS. Avvocati si ottenne. Obbliai di dire che dopo la partenza dei Turchi furono ritrovati dei sacchi pieni di scale che avevano i medesimi per attaccarle alle mura per potere con più facilità entrare nel paese, benché fu tutto invano mediante l'intercessione che dissi poc'anzi.
Io Sargente Giovan Battista figlio del Tenente Francesco Pini, nell'epoca dei Turchi era Sargente e dopo poco fui fatto Tenente, uno dei quali sopra intendeva al combatto. Dopo qualche dilazione di tempi feci la narrazione di un tale fatto per
memoria dei miei posteri e per essere io stato in tutto presente come ancora nel combattimento, e per essere io impiegato e giovanotto di 26 anni di età.
Io Sorgente Giovan Battista Pini suddetto, mano propria ".Supplemento alla "Gazzetta Universale" al n. 111 giovedì 28 novembre 1799 p. 1031
"Livorno 27 novembre

Per mezzo di Spronara giunse qui negli scorsi giorni dall'isola del Giglio, abbiamo inteso che i barbareschi nella mattina del 18 dell'andante novembre si presentarono alla torre del Campese di detta isola con una squadriglia consistente in due fregate di 40 e 32 cannoni, in due sciabecchi di 24 e 3 di 18. Essi cominciarono a fare un vivo fuoco contro la torre medesima, nel tempo che sbarcarono a terra un numero considerevole di gente. La truppa e i paesani armati accorsero alla difesa e dopo un ostinato conflitto i Turchi alle ore 5 della sera, furono obbligati a rimbarcarsi lasciando in quell'isola alcuni morti e un prigioniero, e trasportando seco non pochi feriti. Questo fatto che reca molto onore a quella truppa, e fa risaltare la costanza e la fedeltà di quegli abitanti, verso il nostro amato Sovrano, non costò ad essi che la perdita di un soldato morto e di un cannoniere ferito la squadrìglia barbaresca si ritirò ben presto al largo e nella seguente mattina non era più alle viste. Il prigioniero Turco sopra mentovato è qui giunto sulla Spronara che ha recata la riferita notizia".
Gazzetta Universale n. 113 di martedì 3 dicembre 1799 p. 1047.

"Sebbene si sia accennata negli antecedenti fogli la sorpresa fatta da una squadra barbaresca, sopra l'isola del Giglio e avendone ora ricevuto un più esteso e distinto ragguaglio dal luogo medesimo, non manchiamo di riportarlo ed è il seguente: Giglio 20 novembre 1799
All'alba del dì 18 di questo mese furono veduto presso l'isola 7 bastimenti da guerra da parte del Lazzaretto che vennero ben presto riconosciuti per barbareschi. Questi andarono terra terra verso il Fenaio ed arrivarono a scoprire la torre del Campese, spedivano 9 lance e poi altre ancora sbarcarono della gente in terra, la quale per la discretanza delle forze la torre non era in grado di far resistenza maggiore e di sparare di quando in quando delle cannonate a palla. Verso sera i bastimenti si erano tanto avanzati che erano arrivati a tiro di fucile sotto la detta torre. Intanto i Turchi discesi si dettero a rubare da per tutto e a bruciare ciò che non potevano trasportar. Si sa nella di meno che al Campese da una cannonata tirata sopra di un mucchio di Turchi, ne restarono uccisi 5, fra i quali uno di comando, ma che questi furono portati via dai loro compagni. Intanto il corpo di quella gente sbarcata fino alla mattina alle Secche, si messe in marcia verso il paese in numero di circa 2.000 e fece capo a Scopeto, portando spiegate 5 bandiere rosse, ma una di esse metà verde e metà rosso acuta. Quindi continuavano la marcia e giunti a un luogo detto Vernaccio smantellarono e vi saccheggiarono qualche casa. Approssimandosi verso il paese fu dato nella campana a martello. Le strida delle donne e dei ragazzi furono allora grandissime, che sembrava estremo giorno di tutta quella gente, che non avevano seco perché erano fuori alle loro faccende ma a questo fracasso e all'apparenza di qualche sinistro, tornarono molti di essi, si armarono e pieni di coraggio si posero in stato didifesa. Quando i Turchi furono sopra San Croce fu principiato dagli isolani a fare un fuoco si vivo su di essi che furono costretti a lasciare la strada dividendosi in due partite che così giunsero a porre l'assedio al paese. Quantunque non tutti gli isolani potessero essere stati in tempo a porgere socorso, nulla dimeno quelli che vi erano inclusive i preti presero le armi e distribuiti per tutte le mura aumentavano il loro fuoco e il loro coraggio all'approssimarsi dei Turchi. Questo durò fino a sera del suddetto 18 novembre, in cui i Turchi abbandonarono l'impresa e si ritirarono a bordo dei loro legni. Essi avevano lasciato 7 morti su terreno ed hanno portato via molti feriti, il numero dei quali deve essere stato grande, rilevandosi dal gran sangue di cui era bagnata tutta la strada di Scopeto, della Fontuccia, del Gronco e per le vigne. E' restato morto uno dei nostri e 4 feriti. Oltre alle suddette 5 bandiere con le quali si posero in marcia ne spiegarono poi altre 10 ancora 5 delle quali le piantarono al termine del terreno di rovina sotto la Casamatta, 5 sotto l'orto del Capitano, 2 al Camposanto, 3 sul Poggio.
E' restato prigioniero un Turco, il quale asserisce che questa è una spedizione fatta apposta dal Bey di Tunisi per prendere quest'isola, onde gli abitanti stanno in gran timore che non ci tornino meglio preparati. Sono stati presi ad essi 6 fucili, 4 cangiari, ed altre bazzecole, delle monete d'oro, e due anelli la qual roba è stata tutta offerta a San Mamiliano protettore dell'isola il quale sta esposto ogni giorno.
E' stato trovato anche un sacco entrovi delle scale di corda per una scalata con dei grossi perni, e altre cose bisognevoli per tale operazione. Le donne dopo aver messe al sicuro le piccole creature nella fortezza si sono esse pure distinte con portare dei sassi per tirarli dalle mura, sopra i nemici".Alla memoria dei GIGLIESI
che pochi di numero, quasi inermi
il 18 novembre 1799
respingevano fugandoli duemila tunisini
cento anni dopo

II Consiglio Comunale a perenne ricordo
decretava
il 18 novembre giorno festivo
Giglio 18 nov. 1799


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