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Il Medioevo

In alcuni documenti, conservati nell'Abbazia delle Tre Fontane a Roma, è riportata la donazione fatta da Carlo Magno, all'inizio del IX secolo (805) ai monaci del monastero dei SS. Vincenzo ed Anastasio ad Aquas Salvias, nella quale concedeva il territorio di Cosa, dell'Isola del Giglio, di Giannutri e cento miglia di mare.
Gli storici moderni affermano che tale donazione sia apocrifa (libro o testo falsamente attribuito ad un'epoca o ad un autore). Nonostante ciò, i luoghi sopra citati appartennero realmente ai monaci di Aquas Salvias, ce lo dimostra una bolla papale di Alessandro IV del 12 gennaio 1255.
"Quae continentur infra terminos supradicto Domino Leone P.P. III et Carlo Magno imperatore designatos (videlicet) ab uno latere mare magnum infra miliara centum. Intra quod mare est mons qui vocatur Gilium, et insula quae vocatur lannutri, juris praelinati monasterii nostri: secundo latere est fluvius qui vocatur Albinia: a tertio latere decurrit aqua quae vocatur Serpenna a quarto autem latere vertit per Sarpennam et vadit per montem Aristini, et decurrit in Buerim (Burano?) et sic revestitur in praedictum mare magnum, et sicuit in literis, cartis, et privile gis cotinentur".
"Le quali (proprietà) si trovano entro i confini stabiliti dal Papa Leone III e l'Imperatore Carlo Magno, cioè: da un lato il mare grande di cento miglia in mezzo al quale c'è un monte chiamato Giglio e l'isola di Giannutri, proprietà di diritto del nostro monastero da un secondo lato vi è il fiume Albinia da un terzo lato scorre l'acqua denominata Serpenna da un quarto lato poi, volge attraverso Serpenna, si avvicina al monte Aristino dove scorre Burano e così si ritorna nel predetto grande mare. Tutto ciò si trova nei carteggi, nei privilegi e nelle lettere."
I monaci cistercensi cedettero l'isola del Giglio ed altri possedimenti ad una nobile e potente famiglia della Maremma, gli Aldobrandeschi. Nel 1269 Don Elia investì, con il titolo di feudatario, il Conte Aldobrandino di Soana detto il Rosso, di tutti i castelli, porti ed isole riportati nella suddetta bolla pontificia, in cambio di un tributo annuo di pochi fiorini d'oro. Questi possedimenti passarono in eredità di padre in figlio sino a giungere alla casata degli Orsini, una famiglia nobile romana.


 

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